Sul “Corriere
della Sera” di sabato scorso Gian Antonio Stella dedica un lungo e ben
documentato articolo
alla progressiva e, sembra, inesorabile “frana” del turismo straniero in
Italia, che si verifica contemporaneamente a un vero e proprio boom mondiale
del turismo. Andiamo giù, “nonostante il turismo sia l’industria del futuro”.
Stella passa in rassegna le più importanti deficienze del nostro sistema
turistico, in gran parte riconducibili a una mentalità provinciale che sembra
appagata dall’idea di essere il paese più bello del mondo. Ma che
l’Italia sia sulla china per perdere gran parte della sua impagabile bellezza è
sotto gli occhi di tutti: paesaggi disfatti, siti archeologici che si
sbriciolano a ogni acquazzone, musei che alle 14 chiudono i portoni d’ingresso
e che spesso sono collocati (e prigionieri) in tristi strutture ottocentesche.
Abbiamo vie di comunicazione che escludono dai grandi circuiti turistici quasi
la metà, forse la più bella, del paese, oltre naturalmente ad una generale mancanza
di vera e propria cultura dell’ospitalità. Problema, questo, che si coglie da
qualsiasi parte, ma soprattutto nelle città dai grandi flussi turistici. La
scuola, e questo Stella non lo scrive, ci ha messo del suo per confermare i
nostri vizi. Infatti, a partire dai primi anni ’90 si è pensato bene di
scollegarla dal mondo del lavoro, pensando che questo contatto la contaminasse
e la snaturasse. I risultati – non ci stanchiamo di ripeterlo perché i
sacerdoti della pedagogia sono restii ad aprire gli occhi sulla realtà – sono
palesemente disastrosi. Però la distanza troppo ampia tra scuola e mondo del
lavoro è anche responsabilità di quest’ultimo, per essersi troppo a lungo
accontentato delle sue posizioni di rendita (per esempio aprendosi troppo poco
all’esempio di altri paesi). Vale la pena di aggiungere che il mondo del lavoro
appare spesso assai impreparato nel seguire in modo adeguato gli studenti
in stage, ignaro che “perdere tempo“ oggi con i giovani per rafforzare in loro
i saperi pratici rappresenta un ottimo investimento per il domani. Insomma, per
migliorare il modo di accogliere i turisti è importante preparare ragazzi
competenti, appassionati al proprio ruolo, rispettosi degli altri e futuri
generosi ospiti. Ma se il nel mondo del lavoro non trovano analoghe
disposizioni, allora è tempo perso e tutto lo sforzo fatto dalla comunità per
formarli è reso vano. Se chi li ospita negli stage pensa a ottenere il maggior
profitto col minimo sforzo, magari frodando anche il fisco (nel settore turistico
purtroppo l'evasione è assai diffusa) non ci sarà scuola che tenga. Ben vengano
dunque le critiche nei confronti del mondo scolastico, ma che le associazioni
degli imprenditori evitino di scagliare la prima pietra, come spesso purtroppo
amano fare. (VV)