lunedì 9 giugno 2014

VERSO UN ANNO SCOLASTICO DAVVERO “NUOVO”?

“Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero”? L’amara ironia con cui il Passeggere si rivolge al Venditore di almanacchi nell'eponimo dialogo leopardiano sembra essere stata per decenni l'illusione di chiunque – docenti, studenti, genitori e presidi – abbia avuto a che fare con la scuola, cioè quella che malgrado tutto si debba andare avanti, perché alla fine qualcosa di nuovo accadrà. Così ogni anno lo si affronta con la recondita speranza che finalmente qualcosa cambi e che i discorsi pieni di attese e promesse, pronunciati nei primi giorni di scuola da ministri e Presidenti della Repubblica, non rimangano vuota retorica. Ma guardando la realtà al di fuori di qualsiasi illusione, dobbiamo constatare che da decenni la scuola italiana è quasi completamente abbandonata a se stessa. Perdurando la latitanza dei politici e la loro cecità rispetto alla “realtà effettuale”, la scuola sembra andare avanti solo in virtù dell'illusione che qualcosa alla fine debba accadere per risollevare un sistema agonizzante. Ma così non può durare e il rischio che alla fine il sistema crolli è fin troppo evidente; e lo dimostrano le condizioni pietose di gran parte degli edifici scolastici nazionali. Stavolta però ci aspettiamo un’estate diversa. Un’estate in cui si avvii un vero e proprio piano a brevissimo termine per il recupero e la ristrutturazione degli edifici scolastici più degradati, sperando che si eviti di far progettare gli interventi esclusivamente dagli assessorati locali e si diano invece delle direttive generali condivise da architetti ed esperti di didattica dalle quali non si possa assolutamente prescindere (e in questo è incoraggiante la disponibilità a collaborare manifestata al Presidente del Consiglio da Renzo Piano). Poi vi sono altre misure da prendere, a partire dalla necessità di riqualificare la formazione professionale, senza la quale ci resta difficile immaginare una ripresa economica destinata a durare nel tempo e a valorizzare le vere risorse della nostra economia, a partire da quelle legate al turismo e alle manifatture, sia industriali che artigianali. È quasi superfluo aggiungere che senza una vera riforma della formazione professionale sarà impossibile risolvere o almeno ridurre in modo significativo l'altissimo tasso di dispersione scolastica che colpisce prevalentemente i ragazzi dei professionali e che rappresenta una discriminante sociale indegna di un paese civile. Si dia inoltre ai sindacati il ruolo che nella scuola compete loro, e cioè quello di occuparsi della salvaguardia dei diritti del personale (e non sarebbe male che si ricordassero anche dei doveri) e non della didattica, come invece troppo spesso accade. E si faccia finalmente chiarezza su come innovare in modo equilibrato il sistema di reclutamento del personale scolastico e, nello stesso tempo, si si renda possibile indirizzare gli incapaci ad altri compiti e cacciare i neghittosi dalla scuola. I ragazzi hanno diritto ad avere edifici scolastici sicuri, insegnanti bravi e appassionati e la possibilità di scegliere un indirizzo scolastico come quello professionale, che sia veramente corrispondente alle loro vocazioni e non quella sorta di indirizzo generalista che è diventato in seguito alla “riforme” del '92 che lo hanno licealizzato e privato di identità specifica. Se davvero qualcosa del genere nei prossimi mesi potrà accadere, saremmo certi che a guadagnarne non sarebbe solo la scuola, ma il Paese intero e forse si potrà cominciare a pensare che “principierà la vita felice” o almeno più felice rispetto a quella degli ultimi anni. Durante i quali, non curandoci di un reale rinnovamento della scuola, non abbiamo saputo pensare al nostro futuro e soprattutto a quello delle future generazioni.  
Valerio Vagnoli  
 (pubblicato sul "Corriere Fiorentino" del 7 giugno 2014 con il titolo Un'altra scuola? Proviamoci)