martedì 5 agosto 2014

I CENTO E LODE E L'INTERESSE GENERALE

In un intervento sulle pagine romane del "Corriere della Sera", Rosario Salamone, per molti anni preside del Liceo Visconti, ironizza sulla pioggia di 100 e lode che anche quest’anno si è verificata in Puglia agli esami di Maturità: ben 700 su un totale di 3450 in tutta Italia, cioè uno su cinque. Salta agli occhi, scrive fra l’altro il Preside Salamone, il contrasto tra  una simile concentrazione di teste d’uovo e i risultati assai mediocri dei test Invalsi relativi alle scuole superiori  di quella regione.
Di tutt’altro tenore un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno a firma di Lino Patruno, che è solo omonimo del musicista co-fondatore del gruppo dei Gufi, ma un po’ fa sorridere nell’attribuire esclusivamente al pregiudizio nordista la critica all’attendibilità del dato pugliese, su cui mi pare difficile non avere qualche dubbio.
Ma per venire un po’ incontro a Patruno si deve rilevare  che,  se tra i dati forniti dal Miur si  prendono in considerazione non i numeri assoluti delle lodi, ma, forse più correttamente, le percentuali delle lodi sul numero degli studenti esaminati regione per regione, ai piani alti della classifica non c’è solo il sud. La Puglia è nettamente in testa con il 2%, ma al secondo posto c’è l’Umbria con l’1,5%, poi il Molise con l’1,3%, la Calabria e le Marche con l’1,2%, la Sicilia e l’Emilia Romagna con lo 0,9%  e via via decrescendo verso nord  fino allo 0,3% della Lombardia.
Se si considera la distribuzione dei 100 senza lode, si hanno dei dati sostanzialmente simili, ma in questo caso la Puglia è solo seconda con il 6,6%,  preceduta dalla Calabria con il 7,3%; al terzo posto l’Umbria con il 6,1%, mentre anche qui la più avara è la Lombardia con il 2,5%.
Salamone nel suo articolo indica tra le cause di questa vera e propria “disgregazione del sistema valutativo, la sua arbitrarietà e inattendibilità” la nomina a livello locale e non più nazionale  delle commissioni (io aggiungerei la composizione mista di interni ed esterni), con maturandi e commissari che “giocano in casa”. Si tratta certamente di un aspetto importante, che è però parte di un complessivo processo di svalutazione dell’Esame di Stato, previsto  dalla Costituzione come fondamentale momento di verifica e oggi poco più di un momento rituale.
Il punto è che sembra essersi quasi del tutto smarrita la consapevolezza  che la credibilità degli Esami di Stato (e più in generale della scuola pubblica) è parte integrante di un bene comune a cui non è possibile rinunciare senza gravi danni per la società  e per gli stessi giovani come futuri cittadini.
I lettori di questo blog ricorderanno i nostri appelli per la correttezza degli esami e le numerosissime testimonianze su comportamenti censurabili, a volte gravemente scorretti, che però appaiono persino doverosi e moralmente ineccepibili  a quei docenti commissari d’esame che più o meno consapevolmente hanno messo da parte la tutela dell’interesse generale  a favore di male intesi interessi particolari. E ricorderanno anche come i ministri di turno hanno risposto a quegli appelli: con l’indifferenza, qualcuno persino con arroganza (è il caso di Profumo); eppure dovrebbero essere ben consapevoli di quale sia  l'interesse generale.
Il problema dunque è della scuola italiana nel suo insieme, anche se, tornando ai dati del Ministero, mi sembra difficile in linea di massima non attribuire alla malintesa generosità di cui sopra le percentuali più elevate di 100 e lode, e in generale di punteggi molto alti, a meno di non concludere che gli studenti lombardi sono sei o sette volte più testoni dei loro colleghi pugliesi. 
Andrea Ragazzini

domenica 3 agosto 2014

IL PREZZO PAGATO ALLA TOLLERANZA CHE NON HA CONFINI

Le immagini pubblicate sul Corriere fiorentino di sabato scorso confermano, se era necessario, quanto drammatiche siano le notti di alcune aree della città. E queste fotografie, probabilmente destinate a fare il giro del mondo, spiegano come mai decine di intellettuali, unitamente a centinaia e centinaia di cittadini e associazioni di ogni genere abbiano, poche settimane fa, deciso di uscire allo scoperto con un documento che denuncia il degrado a cui si è arrivati e la violenza a cui sono sottoposti i cittadini che subiscono le notti della movida, dominate dal nichilismo più tragico. 
Il sospetto  è che tale degrado, almeno in certi casi, sia  legato ad interessi concreti tra certo sottobosco politico-amministrativo e certi “padroni” delle notti. E questo sospetto emerge con forza soprattutto in certi luoghi di villeggiatura,  ove  sarebbe interessante indagare se le licenze di certi localacci  abituati  a vendere impunemente  alcoolici a tutte le ore e a chiunque, minori compresi, e ad attirare i giovanissimi con musiche a tutto volume fin alle prime luci dell’alba, non siano state concesse grazie a legami familistici  diretti o indiretti con qualche  amministratore del luogo. Di fronte a tutto questo si registra una sconcertante tolleranza da parte  delle autorità preposte a tutelare la quiete e la salute pubblica.
Tutto ciò si spiega anche con  quel certo costume,  del tutto italiano, che porta gran parte di tutti coloro che ricoprono cariche pubbliche a non prendersi, appunto, le proprie   responsabilità. Di conseguenza le situazioni di illegalità  si incancreniscono, rischiando alla fine  di prosciugare  questa nostra sempre più esile democrazia. È accaduto con i rom che per mesi hanno spadroneggiato alla stazione prima che venissero prese delle misure finalmente efficaci . E accade così da anni con gli abusivi che vendono di tutto, anche merce della camorra, in ciascun luogo del suolo patrio, comprese strade e piazze di città come Roma, Milano e  Venezia, oltre naturalmente Firenze. Piazze che dovrebbero essere dei salotti di civiltà e bellezza  aperti sul mondo. Invece, per il divertimento dei turisti, le autorità mettono ogni tanto in atto una sorta di gioco a guardie e ladri che  alla fine lascia le cose com’erano prima. Peraltro cose del genere accadono da anni nei confronti di chiunque, per un qualsiasi motivo, spesso anche solo pretestuoso, decida di occupare spazi pubblici, scuole e strade  comprese. E accade  anche in occasione di ben più serie e  drammatiche occupazioni: penso per esempio a quelle di edifici, pubblici e privati, da parte  di sfrattati, di immigrati  e  di senza dimora  ai quali non sappiamo dare altre risposte o riconoscere altri diritti se non quelli, appunto, d’infrangere  impunemente le regole.
Ed è così nei confronti di coloro a cui permettiamo, anche in questi casi impunemente, di fare i “furbi” e magari di ostentare le loro furberie:  siano queste rappresentate dall’evasione  fiscale o dal non fare il proprio dovere durante il lavoro, quando questo  è svolto per conto dello Stato.
Dentro le drammatiche foto di Piazza Santo Spirito c’è  tutto questo: c’è il degrado di una piazza, di  una città, di una civiltà e c’è il richiamo forte a non perdere altro tempo, perché la democrazia è spesso più resistente quando minacciata da un nemico identificabile e  visibile, che non  quando  è  lentamente consumata e  corrosa  dall’abitudine a sprofondare sempre più  nella quotidianità della  illegalità. 
Valerio Vagnoli  ("Il Corriere Fiorentino", 31 luglio 2014)