sabato 5 luglio 2008

RIFORMA DELLA SCUOLA PUBBLICA (1). LA FORMAZIONE PROFESSIONALE: DAVVERO UNA SCUOLA DI SERIE B? di Andrea Ragazzini e Valerio Vagnoli (20 giugno 2006)

Sempre natura, se fortuna trova
discorde a sé, com’ogne altra semente
fuor di sua regïon, fa mala prova.
(Dante, Paradiso,VIII)
È fuor di dubbio che la qualità della vita è migliore laddove è possibile per gli uomini realizzare ciò che essi hanno sognato di fare fin da quando sono piccoli.
In questo senso le scelte scolastiche che si fanno da adolescenti assumono un’importanza fondamentale in quanto rischiano di pregiudicare il nostro futuro. Per tale motivo è necessario ricorrere a tutto affinché i ragazzi possano essere messi in grado di fare le loro scelte senza pregiudizi, mettendoli di fronte ad un ampio ventaglio di possibilità, compresa quella di una scuola che possa partire anche dalla concretezza dell’esperienza per prepararli ad un lavoro qualificato.
Fra le pochissime cose che, a proposito della scuola, il Centro-sinistra ha indicato nel suo programma elettorale, vi è quella di un biennio unitario per tutti alla fine della scuola media di primo grado in modo da evitare, sembra d’intuire, una scelta precoce di natura classista tra “ricchi” destinati agli studi e “poveri” destinati al lavoro; quasi a voler davvero istituzionalizzare una gerarchia culturale e sociale che di fatto ha imperato fino ai giorni nostri. Da questo pregiudizio deriva anche la semi-licealizzazione “progressista” che affligge da diversi anni gli istituti professionali spesso sovraccaricati da una mole enorme di materie umanistiche e scientifiche che hanno finito per snaturarli e per farne altro rispetto al loro fine principale e, in molti casi, delle vere e proprie “bolge per dannati”.
Le conseguenze di tale impostazione sono un altissimo numero di abbandoni e di bocciature e, per moltissimi studenti, un fortissimo disagio quotidiano causato dal veder tradite le loro attese, proiettate soprattutto sull’operatività grazie alla quale, i docenti lo sanno, potrà essere poi possibile recuperare interesse per una cultura più astratta e “alta”. Perciò un programma sulla scuola serio e integrato nel contesto storico in cui si vive dovrebbe garantire una rigorosa formazione professionale, innanzitutto perché vi sono, ogni anno, decine di migliaia di adolescenti per i quali è problematico o impossibile entrare perfino nell’esperienza scolastica della scuola media di primo grado. Anche a questi studenti si devono offrire delle serie possibilità di formazione e istruzione attraverso percorsi appropriati perché, se obbligati a due anni di liceo – ma forse è più onesto parlare di due anni di prolungamento della scuola media di primo grado – verranno sottoposti a nuove frustrazioni, disagi, noia invece di poter cogliere possibili chance offerte da una seria, qualificata, stimolante formazione professionale in grado di valorizzare le loro potenzialità e aspirazioni. Un cittadino consapevole lo si forma se gli facciamo fare una scuola di cui è consapevole e che è rispondente ai propri reali interessi che sono fondamentali per evitargli l’insuccesso scolastico, con tutto ciò che talvolta ne consegue anche sul piano della devianza giovanile. Inoltre, come possiamo ignorare che è proprio nel passaggio tra la pre-adolescenza e l’adolescenza stessa che i ragazzi aspirano a misurarsi con esperienze nuove, dinamiche, coinvolgenti e, soprattutto, che abbiano per loro un senso?
L’aver ignorato o svalutato, da parte della sinistra politica e sindacale, la profonda ricchezza che poteva e potrebbe scaturire da una seria istruzione e formazione professionale, ha contribuito a diffondere l’errata convinzione, nella stragrande maggioranza della popolazione, che una scuola che pur offre o potrebbe offrire ai ragazzi strumenti operativi e culturali per innestare un albero, per progettare e realizzare circuiti elettrici, manifesti pubblicitari e gioielli, è cultura di serie B rispetto a quella liceale.
Questa distorta, demagogica e populistica immagine dell’istruzione è responsabile anche del profondo arretramento della qualità dei nostri licei, presi d’assalto negli ultimi anni da masse di studenti che sempre più in modo crescente non riescono, però, ad evitare l’insuccesso scolastico.
Da quanto continua ad emergere dalle dichiarazioni di molti esponenti del Centro-sinistra, niente sembra far loro cambiare idea, neanche la precipitosa marcia indietro di quei paesi europei che hanno sperimentato, con esiti disastrosi, un percorso biennale omogeneo che, appunto, rimandava di due anni la definitiva scelta dell’indirizzo scolastico superiore. Così come sembra non trovare ascolto la sempre più diffusa preoccupazione di tanti addetti all’economia: senza scomodare Confindustria, si pensi a cosa ha detto Padoa-Schioppa su quanto sia deleterio per il nostro Paese il fatto che i giovani italiani entrino tardi nel mondo del lavoro rispetto alla gran parte delle altre nazioni europee.
Neanche l’esperienza di Trento sembra interessare, visto che in quella provincia autonoma, amministrata dal Centro-sinistra, la sperimentazione della parte della riforma Moratti relativa alla doppia canalizzazione e alla possibilità di transitare da un sistema all’altro, ha permesso un crollo verticale dell’insuccesso scolastico e la pone ai primi posti, al mondo, nelle indagini OCSE sulle capacità dei quindicenni rispetto alle abilità scientifiche, matematiche e di lettura – comprensione di un testo; a differenza degli studenti di gran parte del resto d’Italia collocati negli ultimissimi posti della graduatoria.
Si tratta, del resto, solo di garantire la possibilità di una scelta: eventuali errori possono essere in gran parte prevenuti da un buon servizio di orientamento e corretti da un sistema non rigido che consenta anche dei ripensamenti. Diversamente si rischia di non riconoscere agli adolescenti italiani il diritto, nel periodo più tormentato e incerto della loro vita, di seguire le loro attitudini condannandoli alla demotivazione, alla passività e alla noia, pene, queste, fra le più crudeli a cui si possa sottoporre un ragazzo e lo stesso futuro del nostro Paese.

(Pubblicato su "Notizie Radicali" il 20 giugno 2006)