giovedì 2 ottobre 2014

UNA BUONA SCUOLA? Capitolo 3: Iniqui e irrazionali gli aumenti “due su tre”. Una modesta proposta sostitutiva

In sintesi, il capitolo Trattamento economico e progressione di carriera della “Buona scuola” prevede che gli scatti automatici in base all’anzianità di servizio lascino il posto a “scatti di competenza” triennali, “legati all’impegno e alla qualità del proprio lavoro”. Riservati, però, solo a due terzi del corpo docente di ogni istituto. Si intuisce che c’è di mezzo un problema di programmazione della spesa, oltre a esperienze di premi distribuiti “a pioggia” nella pubblica amministrazione, invece di andare solo ai meritevoli. Tuttavia il meccanismo è davvero iniquo. E controproducente, se si pensa che ne risulteranno mortificati molti insegnanti che lavorano dignitosamente: non è infatti pensabile che un terzo del corpo docente sia fatto tutto di incapaci e di assenteisti. Gli estensori del progetto se ne rendono conto, ma il rimedio che suggeriscono è tanto avvilente quanto improbabile: “I docenti mediamente bravi [così sono garbatamente definiti gli esclusi dagli aumenti, NdA], per avere più possibilità di maturare lo scatto, potrebbero volersi spostare in scuole dove la qualità dell’insegnamento è mediamente meno buona”. Figuriamoci quanto appeal avrebbe la prospettiva di andarsi a cercare le scuole peggiori, per poter guadagnare, dopo tre anni, sessanta euro in più. La cosa, si dice, migliorerebbe anche il livello di tali istituti. Veramente, come si fa in altri paesi  e come suggerisce il buonsenso, per migliorare le scuole bisognerebbe mandarci non i docenti “mediamente bravi”, ma quelli migliori (e per questi è giusto prevedere una congrua indennità). Inoltre, perché la stessa scommessa non dovrebbero tentarla anche gli insegnanti scadenti? Si otterrebbe così un risultato addirittura opposto a quello voluto. 
Proviamo allora a immaginare un sistema alternativo. Per prima cosa non ci devono essere quote prefissate per la progressione stipendiale, per i motivi che abbiamo già spiegato. Inoltre è sbagliato eliminare l’anzianità come criterio retributivo; sarebbe, come sottolinea “Tuttoscuola”, l’unico caso in Europa. Il numero di anni di servizio non è una garanzia assoluta di miglioramento, ma non si può per questo negare il valore dell’esperienza, soprattutto se si lavora con impegno e in un ambiente scolastico che favorisce la crescita professionale. Si può però evitare il completo automatismo della progressione stipendiale affiancando all’anzianità il correttivo del demerito. Per il demerito grave (sul piano delle capacità o su quello della deontologia professionale) ci deve essere la possibilità di allontanare dall’insegnamento i docenti inadeguati, come abbiamo più volte ribadito. Nei casi meno gravi, invece, soprattutto per ripetute mancanze ai propri doveri professionali (nei confronti di alunni, colleghi, genitori), si può prevedere il mancato scatto stipendiale o una sua decurtazione. Sarebbe anche da valutare una parallela incidenza del demerito sul punteggio in graduatoria.
Con un sistema di questo tipo avremmo di fatto un riconoscimento del merito di chi lavora con serietà, cioè della grande maggioranza dei docenti, finora trattata allo stesso modo di una minoranza – probabilmente modesta – che non fa altrettanto. Tutto questo implica naturalmente una forma di valutazione periodica che, con le dovute garanzie, certifichi un livello sufficiente o meno di professionalità. A questo proposito, speriamo che si colga l’occasione per definire finalmente un codice di comportamento degli insegnanti; dai quali, anzi, ci auguriamo che vengano sollecitazioni e proposte in merito.
Inoltre, il superamento di un determinato numero di “soglie stipendiali” potrebbe costituire uno dei requisiti necessari, insieme ad altri che attestino le competenze richieste, per l’accesso selettivo a ruoli di coordinamento, di progettazione o di supporto, e anche a distacchi presso le facoltà universitarie per formare i futuri docenti.
In conclusione, riteniamo che un sistema di questo genere, oltre a essere molto più equo di quello prospettato nella “Buona Scuola”, sia anche in grado di favorire una maggiore consapevolezza delle responsabilità inerenti al proprio ruolo e a prevenire quindi la maggior parte dei comportamenti poco professionali.