mercoledì 16 luglio 2014

ATTORNO A MINISTRI E SOTTOSEGRETARI INESPERTI SI TENTA L'ENNESIMA “GRANDE RIFORMA” PUNITIVA

Nessuno sa bene quali manovre si stiano apparecchiando al ministero nei confronti del mondo scolastico. Di sicuro in un qualsiasi altro paese un sottosegretario che avesse detto "sciocchezze" in merito a quanto stava progettando sarebbe saltato, anche se avesse chiesto scusa. Peraltro in un qualsiasi altro paese difficilmente sarebbe stato nominato un sottosegretario all’istruzione del tutto inesperto di questioni scolastiche (parole sue). Eppure da noi questa è la regola, con rare eccezioni; ed è una condizione che li espone maggiormente all’influenza delle solite "squadre di lavoro" che dettano legge in materia di scuola (sindacalisti passati nella burocrazia ministeriale, direttori  ed ex direttori generali, ispettori ed ex ispettori, pedagogisti incarogniti contro la classe docente), che probabilmente anche ora stanno preparando la loro "grande riforma".
Andò così con Berlinguer. Quando fu eletto alla camera, Berlinguer aveva manifestato idee positive sulla scuola, suscitando qualche speranza (ricordo ad esempio il consenso iniziale della Gilda). Lo posso testimoniare insieme ad altre 15 persone rappresentanti le scuole del centro fiorentino, che lo incontrarono in casa mia nel febbraio 1996, quale candidato alle elezioni politiche, per conoscere le sue idee per la scuola. In quella occasione il futuro ministro lamentò la scarsa considerazione, anche economica, di cui godeva il corpo docente e che questo in particolare rappresentava la prima emergenza della scuola italiana. Prese poi spunto dalla delusione rispetto al modello scolastico americano, che il figlio aveva frequentato per un anno, il quale, a suo parere, non era in grado di trasmettere una solida cultura generale, a differenza di quella italiana. Citò inoltre, a conferma del suo apprezzamento per il modello scolastico di stampo liceale, quanto gli avevano fatto presente alcuni amici sia imprenditori che funzionari di banca; e cioè che la scuola doveva garantire una solida cultura di base perché poi avrebbero pensato loro a insegnare ai giovani i programmi informatici e altri aspetti tecnici del lavoro.  
Poi il politico divenne preda delle "avanguardie" socio-pedagogiste e sindacali, sconfessando in buona parte quella che era la sua precedente visione della scuola, almeno di quella che aveva dipinta a noi, ingenui docenti pieni di attese.
Oggi, come ho sopra ricordato, temo che la storia possa ripetersi e questo timore nasce dall'assoluto silenzio, proprio alla vigilia della pausa estiva, che si sta mantenendo da parte di chi, sottosegretario Reggi in primo luogo, sta lavorando alla "grande" trasformazione della scuola.
Quanto a entrare nel merito di quello che è stato per sommi capi preannunciato, dovrei ripetere cose che abbiamo già detto in passato in circostanze analoghe. Accenno solo ad alcune.
- non è vero che gli insegnanti  italiani lavorano meno di quelli europei;
- c’è una grave inconsapevolezza della fatica e non di rado dello stress che caratterizzano un serio impegno professionale;
- è semplicemente ridicolo solo pensare che la maggior parte delle scuole italiane sia minimamente in grado ospitare tutti gli insegnanti in condizioni almeno decenti per il lavoro pomeridiano;
- è illusorio pensare che le scuole aperte (“fino alle 22”!) sarebbero davvero frequentate da un gran numero di studenti. Molti istituti, infatti, propongono già da tempo attività sportive o altri progetti extracurriculari (teatro, musica, scrittura creativa…), ma la frequenza è in moltissimi casi pressoché nulla. Solo chi non sa niente di scuola o da  anni ne è al di fuori, magari perché “distaccato”, non si è reso conto che le richieste da parte degli studenti di “impossessarsi”  degli istituti scolastici durarono poco (fino a quando, appunto, le scuole giustamente decisero di aprirsi alle loro richieste).  
- una maggiore quantità di scuola (secondo la vecchia illusione quantitativa tipica di molta sinistra) è utile solo nel caso di allievi insufficienti, ma che si impegnano almeno un po', oppure sono stati assenti;
- premiare i migliori insegnanti non migliora la scuola e può essere dannoso ai rapporti tra colleghi; bisogna invece assicurare a tutti gli allievi dei docenti almeno decorosi. Cosa ben diversa sarebbe quella di riconoscere stipendi diversificati ad insegnanti che magari per concorso potrebbero accedere a ruoli e a carriere particolari quali, per esempio, la vicepresidenza, la responsabilità nella formazione dei nuovi assunti, l’occuparsi  a tempo pieno dell’alternanza scuola-lavoro, dell’aggiornamento e altro ancora.
Quando le misure saranno finalmente note, potremo fare ulteriori valutazioni (peraltro, a differenza dei miei amici del Gruppo, da ex studente dell’Istituto magistrale, sono da sempre d'accordo sulla opportunità di accorciare il percorso quinquennale delle superiori). Ma che non si prendano a schiaffi i docenti e tutte le altre figure che lavorano nella scuola! Gli schiaffi, beninteso metaforici, se li dovrebbero prendere tutti coloro che – da sempre fuori dalla scuola e imbucati, per demeriti vari, nelle carriere ministeriali, sottogovernative, burocratico-amministrative, universitarie, sindacali e affini – da  anni e anni fanno il buono e soprattutto il cattivo tempo  nella politica scolastica. Se la politica, quella che spero sopravviva ancora con la P maiuscola, dovesse rompere gli ultimi legami che ha  con la stragrande maggioranza del mondo scolastico (quale altro collante ha questo povero Paese?) sarebbe un danno forse irreversibile per la salvaguardia della democrazia. (Valerio Vagnoli)