(da La lettura, supplemento del “Corriere della Sera” di domenica 29 dicembre 2013)
Marco non ha mai fatto pace con la scuola. Per lui star seduto
nel banco è una tortura assurda, una camicia di forza cui opporsi in ogni modo,
dimenandosi, disturbando i compagni, facendo il pagliaccio. Che bello far
ridere tutti! Genitori e insegnanti reagiscono rimpallandosi la responsabilità.
Per gli uni l'insegnamento è troppo noioso, per gli altri la famiglia di Marco
troppo sbilanciata. Al padre assente corrisponde una presenza materna dilagante
e oppressiva. Il duello tra casa e scuola esonera il bambino
dall'assumere le proprie responsabilità. Nella sua testa l'insuccesso
scolastico riguarda gli adulti, è un problema loro. E questi, finché dura la
scuola dell'obbligo, cercano di minimizzare, di reagire cambiando istituto o
sperando che, con l'età, le cose si aggiustino. Ma alle superiori può accadere
che, da problema marginale, l'insuccesso scolastico di Marco si trasformi in
fallimento esistenziale. Il preside manda a chiamare i genitori (di solito si
presenta solo la madre) ed espone il problema: il ragazzo non ce la fa. Non si
tratta di rimediare a qualche brutto voto, ma proprio di un fallimento
strutturale. A questo punto occorre chiedersi "perché", individuare
le cause per trovare le risposte. Ma la responsabilità, evitata prima, si
presenta ora come senso di colpa, come se al fallimento del figlio
corrispondesse quello dei genitori. Così inteso, il fallimento viene vissuto
come una catastrofe anziché come un momento di crisi, come una rincorsa che
consente di saltare più avanti e più in là. Molto diverso l'atteggiamento
assunto dai genitori e dagli insegnanti anglosassoni che considerano l'andar
male a scuola una crisi che si può e si deve superare, anche scegliendo un
corso di studi più pragmatico e più breve. Che cosa provoca questo divario? Il
fatto che spesso da noi la funzione materna - caratterizzata dal contenere,
comprendere, giustificare - non è temperata da quella paterna, cui compete
invece distinguere, separare sostenere le dinamiche di autonomia e indipendenza
dei figli. L'amore parentale, se non viene governato da una strategia
evolutiva, diviene adesivo, confusivo, paralizzante. Solo chiedendo ai ragazzi
di assumere progressivamente le loro responsabilità potremo renderli capaci di
gestire un eventuale fallimento, inserendolo in una prospettiva di vita mobile
e complessa, dove si può vincere e perdere, cadere e rialzarsi perché si è
consapevoli che le esperienze, adeguatamente elaborate, costituiscono l'unica,
vera scuola di vita.
Per commentare, tornare alla pagina precedente.
Per commentare, tornare alla pagina precedente.