Per molti studenti della scuola media la visita alle varie scuole superiori rappresenta, spesso, la conferma della scelta già da tempo maturata e, insieme, il primo approccio con un ambiente nuovo prima dell’impatto simbolicamente forte che avverrà nel prossimo settembre. Nell’atteggiamento passivo e remissivo di altri ragazzi si coglie, in queste occasioni, ancora molta incertezza: una incertezza dettata anche dalla consapevolezza di non avere una preparazione sufficiente per affrontare con successo un qualsiasi corso di studi superiore. Devo dire che talvolta questa loro impreparazione deriva dall’aver incontrato dei pessimi docenti, che li hanno privati della possibilità di potersi misurare con certi particolari indirizzi. Altre volte si tratta di ragazzi che hanno alle spalle famiglie svantaggiate e non preparate a sostenerli sul piano delle motivazioni. Può anche accadere che studenti del genere possano aver visto la loro situazione aggravarsi dall’aver frequentato scuole accondiscendenti che non puntano “in alto” e non pretendono assiduità nell’impegno e nel rispetto di precise regole. Altri ragazzi, ancora, appaiono disorientati perché non trovano quello che vorrebbero, e cioè un serio indirizzo di formazione professionale che esalti la loro attitudine al saper fare: indirizzo che in Toscana non è presente, perché la Regione non ha finora permesso che l’obbligo scolastico si assolva anche nei percorsi di formazione professionale. E purtroppo la situazione è positiva solo in alcune regioni italiane, a cominciare dal Trentino, che ha ridotto moltissimo l’insuccesso scolastico.
Purtroppo la cultura, anche politica, di parte di questo nostro Paese continua a ritenere la scelta “professionale” di dignità inferiore rispetto alle altre e preferisce così sottoporre decine e decine di migliaia di ragazzi a ripetuti insuccessi scolastici.
Alla fine la
possibilità di un percorso professionale è possibile soltanto dopo i
sedici anni, e solo dopo una sequela di bocciature che finiscono per
identificarli, agli occhi dei loro compagni, come una sorta d’incapaci e di disadattati. È
invece quanto mai urgente superare l’idea
che vuole le scuole superiori classificate secondo una gerarchia
inaugurata dalla riforma gentiliana con
al vertice i licei. La tradizione della
nostra città e della nostra regione che ha trovato la propria fortuna e la propria identità nei
lavori “d’arte” ci direbbe l’esatto contrario. La crisi ci chiede la formazione di un capitale umano
dotato di competenze adeguate e coerenti per dare risposte al nostro contesto
economico e i ragazzi hanno il diritto di vedersi riconosciute le loro vocazioni improntate al “saper fare”.
Non continuiamo a negarglielo più a lungo. (Valerio Vagnoli)
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