Sono giorni
brutti per la scuola, comunque la si metta e chiunque alla fine riesca a
vincere la partita tra sindacati dei docenti e governo. È tuttavia
incomprensibile che in questi giorni dei docenti siano arrivati a invitare i
loro allievi a protestare contro le prove Invalsi, in alcuni casi suggerendo di
non venire addirittura a scuola, senza neanche rendersi conto che queste
iniziative li allontanano anni da quello che dovrebbe essere l'esempio
educativo da dare ai ragazzi. Liberi i docenti di ritenere la riforma renziana
sbagliata e liberticida; e liberi di attuare le forme di protesta che più
ritengono necessarie, evitando però quelle deontologicamente esecrabili nel
momento in cui coinvolgono i ragazzi e perfino i bambini in uno scontro che è
essenzialmente politico. Per quel che riguarda invece l'oggetto del loro
“scontento”, mi preme far presente che la riforma della scuola complessivamente
non mi entusiasma, anche se contiene anche elementi positivi, a partire dal
rafforzamento del rapporto tra scuola e mondo del lavoro, senza escludere le
interessanti novità relative all'aggiornamento dei docenti e alle forme con le
quali esso dovrebbe concretizzarsi, finalmente non calate dall'alto e affidate spesso
a formatori che nella scuola non hanno mai messo piede e che quasi nulla
sanno delle sue reali necessità. Non mi entusiasma in particolare l'essere
equiparato al ruolo di sindaco. Senza nulla togliere ai sindaci, un dirigente
scolastico non aspira, come mi confermano molti colleghi, a nessun ulteriore potere
rispetto a quelli, fin troppi, che oggi ha. Quello che auspico è che finalmente
questi poteri che la legge ci dà sia possibile esercitarli veramente,
tutelandoci, per esempio, rispetto alla miriade di circolari e di decreti, e soprattutto
dai contenziosi che quotidianamente ci sopraffanno.
Da qualche mese sono
giustamente iniziate le verifiche sul nostro operato di dirigenti. E tra tante
proteste di questi giorni, mi sarei aspettato che un qualsiasi sindacato o una
qualunque associazione dei docenti italiani, oltre a dire no alla riforma nella
sua interezza, avesse anche provato a fare qualche proposta per assicurare alle
famiglie, agli studenti e alla società tutta degli insegnanti seri, preparati e
onesti, magari auspicando che almeno il demerito grave, facilissimo da
individuare, possa essere finalmente sancito in modo certo e tempestivo. Invece,
da decenni, sulle responsabilità dei docenti regna l’inerzia più generalizzata;
e anche quando alcuni di loro raggiungono le pagine di cronaca locale e perfino
nazionale dei giornali in virtù della loro neghittosità, impreparazione o
assoluta mancanza di deontologia, è assai improbabile che alla fine sia resa
giustizia agli studenti e alle loro famiglie che li subiscono e che avrebbero
il diritto di avere docenti seri e preparati (che peraltro sono la grande
maggioranza).
Infine una
curiosità: anni fa il sindacato che oggi è il più agguerrito nel contrastare la
riforma renziana, la Cgil, ispirò, o comunque sostenne con convinzione,
l'allora ministro Berlinguer, che decise di premiare i migliori docenti.
Peccato che lo strumento individuato fosse una sorta di quizzone che fu allora
definito “un’avvilente lotteria”, attraverso il quale due insegnanti su dieci avrebbe
avuto un aumento di stipendio. Una proposta indecorosa spazzata via, allora,
dalla protesta di centinaia di migliaia di docenti che riuscirono a farla
cancellare; senza però coinvolgere i loro studenti, come si addice a dei seri
professionisti e a degli educatori che hanno a cuore, insieme ai loro
interessi, anche la formazione e il rispetto dei loro ragazzi.
Valerio Vagnoli