sabato 11 gennaio 2014

LA PARTECIPAZIONE DEI GENITORI E DEGLI STUDENTI NEL CONSIGLIO D'ISTITUTO

Pubblichiamo un estratto dalla relazione su La libertà d'insegnamento come garanzia del sistema pubblico dell'istruzione - Libertà e servizio che il professor Carlo Marzuoli, docente di diritto amministrativo nell'Università di Firenze, tenne nel 2002 in un seminario dell'Associazione Docenti Italiani (ADi). 

Docenti e Consiglio di circolo o di istituto 
a) superare la cogestione  
La funzione docente non può invece sopportare la cogestione/confusione con i genitori e gli studenti. Genitori e studenti sono gli utenti del servizio. E' orientamento generalizzato quello di attribuire agli utenti diritti di partecipazione in ordine al servizio di cui usufruiscono.
La tendenza è in sé ineccepibile, ma occorre distinguere fra tipo e tipo di partecipazione e, poi, tener conto della natura del servizio, dell'identità dell'utente, della necessità di non mischiare la responsabilità per la gestione del servizio. 
Genitori e studenti hanno una particolare fisionomia, che li configura in modo nettamente diverso dagli utenti, ad esempio, del servizio ferroviario o dallo stesso utente del servizio sanitario o di un servizio assistenziale. Lo studente (ed anche il genitore, sia pure indirettamente) è destinatario della prestazione, ma al tempo stesso è soggetto sottoposto a controllo ad opera dell'amministrazione: basta pensare al dovere di apprendimento, che vale anche nei gradi più alti dell'istruzione come corrispettivo alla richiesta della prestazione di istruzione, o alla valutazione dell'apprendimento. 
La conclusione, per me, è chiara, come ho già ricordato più volte. L'organo generale di indirizzo è il consiglio di circolo o di istituto. Ne fanno parte (in posizione non secondaria, si pensi al presidente) rappresentanti dei genitori e degli studenti. I genitori e gli studenti sono controinteressati rispetto alle finalità generali di interesse pubblico che l'istituzione persegue.
È dunque un sistema in cui si confondono poteri e responsabilità e in cui è sacrificata la libertà e la tecnicità della funzione docente. Di più: in questo contesto il piano dell'offerta formativa può essere (è) il mezzo per far valere orientamenti ideologi di tendenza (quelli dei genitori o degli studenti) e dunque si pregiudica il valore fondamentale del servizio pubblico dell'istruzione (il pluralismo).
b) garantire a genitori e studenti strumenti e modalità di partecipazione diretta e di tutela 
Non vorrei essere frainteso: accantonare la partecipazione organica (la cogestione) non significa sopprimere la partecipazione; vorrei solo evitare che genitori e studenti finiscano per essere al tempo stesso danneggiati, perché vittime del cattivo funzionamento del servizio, e beffati, perché corresponsabili.
Il servizio è una cosa ed i suoi utenti un'altra, cosicché ogni commistione non favorisce, ma pregiudica gli interessi degli utenti.
Altri sono i piani su cui debbono essere garantiti genitori e studenti.
·  Il primo è costituito da strumenti diretti (di partecipazione "diretta"): mi riferisco, a poteri e diritti di conoscenza, di proposta, di consultazione, di assemblea, di critica, che debbono previsti e conferiti nella misura più ampia.
·  Peraltro, la delicatezza dei rapporti fra genitori, studenti e docenti è così particolare e così marcata che il quadro non può limitarsi a detti poteri, ma deve essere completato dalla creazione di un apposito organo "garante", che svolga, in riferimento ad un'istituzione scolastica, o ad un insieme di istituzioni scolastiche, un ruolo di "difesa civica" specializzata.
· L'altro piano è costituito dalle insostituibili garanzie di tipo indiretto, cioè dai poteri di indirizzo e di programmazione che spettano ai pubblici poteri e, con il nuovo Titolo V, agli enti locali territoriali. Invero, la libertà di insegnamento e l'autonomia delle scuole riguardano ambiti determinati, non possono e non debbono riassumere tutti gli aspetti concernenti l'organizzazione del servizio e le modalità per la sua erogazione. Si pensi ad esempio agli orari della scuola dell'infanzia, all'istituzione del tempo pieno nella scuola elementare, all'istituzione del tempo prolungato, alla distribuzione dei diversi indirizzi della scuola secondaria superiore, ecc. Ebbene, questi aspetti non possono essere che essere decisi da chi ha la responsabilità politica del servizio dell'istruzione, pertanto rientrano nella competenza degli enti territoriali locali.
Ciò per due distinte e convergenti ragioni:
1.  perché detti enti sono le uniche istituzioni legittimate a rappresentare i cittadini, anche nei confronti della scuola e dei docenti, la cui autonomia e libertà convive, non si dimentichi, con l'esigenza di prestare un servizio per soddisfare altrui bisogni (vedi quanto già accennato al punto “Libertà e servizio”);
2.    perché non è immaginabile, per evidenti ragioni, di affidare la determinazione degli aspetti ora in questione (che coinvolgono con immediatezza interessi propri dei protagonisti del sistema, sia come singoli che come corporazioni) ad un confronto frontale e diretto fra docenti e utenti, che potrebbe solo generare esasperate conflittualità oppure più o meno mascherate subalternità.
Dunque, anziché attardarsi su vecchie o nuove (e più o meno lottizzate) forme di cogestione, sarebbe il caso di procedere all'attuazione del Titolo V. E questo è da dire, soprattutto, alle Regioni.
La relazione integrale del professor Marzuoli.