lunedì 25 febbraio 2013

FRANCESCA PUGLISI, RESPONSABILE SCUOLA DEL PD, RISPONDE ALLE DOMANDE DELLA LETTERA APERTA

1.    Riconoscimento del lavoro degli insegnanti. Saranno riconosciute agli insegnanti la difficoltà e la delicatezza della loro professione o si continuerà ad additarli all’opinione pubblica come lavoratori part time, come dimostra il recente tentativo del governo di aumentare di un terzo l’orario di cattedra?

Nel programma del PD abbiamo scritto che occorre restituire alla scuola risorse, fiducia e stabilità, restituendo prestigio sociale agli insegnanti.  Abbiamo contrastato in Parlamento la proposta del Governo Monti di aumentare a 24 le ore di lezione frontale, proprio perché non teneva in alcuna considerazione il resto del lavoro svolto dagli insegnanti, che è fatto di correzione dei compiti, ricerca didattica, preparazione delle lezioni, etc. e avrebbe semplicemente fatto far cassa allo Stato, con il licenziamento di migliaia di insegnanti precari. Il riconoscimento del lavoro degli insegnanti deve passare anche attraverso la discussione del nuovo contratto nazionale di lavoro, che coinvolgerà pienamente le scuole e le parti sociali. Vogliamo che sia valorizzata anche la formazione in servizio e l’impegno che molti mettono a disposizione delle scuole e degli studenti, che troppo spesso oggi non viene riconosciuto in busta paga.

 2.    Libertà metodologica. Verrà assicurata agli insegnanti la piena libertà di scegliere le metodologie che ritengono più efficaci o si cercherà di imporre teorie calate dall’alto, come è successo negli ultimi decenni?

Basta riforme calate dall'alto. Sì alla piena realizzazione dell'autonomia organizzativa e didattica delle autonomie scolastiche, dotandole di risorse umane (organico funzionale) e finanziarie stabili. L'obiettivo per tutti deve essere: combattere la dispersione e migliorare i livelli di apprendimento e competenza degli studenti.

3.    Funzione del docente. Si intende valorizzare il ruolo dell’insegnante come guida nella scoperta del nostro mondo e del suo patrimonio culturale oppure trasformarlo, come ha sostenuto di recente anche il ministro Profumo, in un “facilitatore” dell’autoapprendimento degli allievi?

Le guide oggi servono, eccome, per districarsi nella marea di informazioni che i nostri ragazzi acquisiscono fuori dalle aule scolastiche (il 70%di ciò che sanno, ci dicono i dati, arriva dall'esterno). La scoperta del mondo non può essere una corsa in solitaria, ma un cammino collettivo, in cui l'educatore/docente non è tanto un erogatore di conoscenza, quanto, appunto, una guida alla conoscenza. Vogliamo investire nella formazione in servizio degli insegnanti per innovare la didattica. Perché le tecnologie, su cui si è fatta molta propaganda negli ultimi 5 anni, possono essere utili strumenti se usate a servizio di una nuova didattica, altrimenti restano inutili elementi scenografici.

4.    Priorità nella valutazione di docenti e dirigenti. È più giusto e più utile alla qualità della scuola garantire a tutti gli allievi degli insegnanti e dei dirigenti adeguati – prevedendo in caso contrario i provvedimenti opportuni – o limitarsi a premiare quelli eccellenti, che continueranno comunque a lavorare bene?

Pensiamo che il sistema di valutazione sia stato usato nel modo sbagliato. Per punire [?] o premiare, tra l'altro basandosi su criteri opinabili, come la reputazione individuale. Il fallimento di tali progetti di valutazione dimostra la pochezza degli stessi. Crediamo, invece, che il sistema di valutazione debba essere utilizzato come strumento per accompagnare il sistema scolastico verso il miglioramento, anche attraverso la diffusione di buone pratiche didattiche.

5.    Valutazione degli istituti. Per avere scuole che funzionino è più sensato attivare regolari controlli ispettivi sulla loro efficienza e correttezza o complessi e costosi sistemi di valutazione?

I controlli ispettivi sono utili se aiutano a migliorare. Il bastone e la carota servono, forse, per addestrare gli animali, non per migliorare la scuola. Un sistema di valutazione forse è costoso, ma è indispensabile, perché è il giusto contraltare all'autonomia scolastica. Non crediamo a sistemi che valutino il singolo docente o dirigente scolastico, quanto, invece, a valutazioni che servano a far raggiungere a ciascuna scuola il massimo del proprio potenziale, accompagnandola verso il miglioramento, con l’istituzione di un unico Istituto Nazionale per la Valutazione e la Ricerca Educativa che sostenga le scuole, diffondendo le buone pratiche didattiche. Quindi, la valutazione deve essere riferita alla scuola nel suo insieme e basarsi su indicatori di apprendimento degli studenti, osservazione diretta di esperti, analisi dell'efficacia della scuola per gli sbocchi educativi o lavorativi successivi. Stiamo guardando al modello francese, dove le rilevazioni sono su base campionaria.

6.    Dare valore alla formazione professionale. L’insuccesso scolastico di tanti ragazzi all’inizio delle superiori si combatte ampliando il numero delle scelte possibili, compresa una qualificata formazione professionale, o obbligandoli tutti a un biennio comune, come sostengono alcuni?

Dobbiamo partire dall'idea che la scuola serve a formare cittadini, offrendo a ciascuno le opportunità per sviluppare appieno la propria personalità e arrivare al successo formativo e scolastico. Una scuola che seleziona precocemente i giovani, non fa altro che rivelarsi la peggiore prigione di questa società, immobilizzandola con le catene del censo, dell'origine geografica o familiare, delle possibilità economiche. Ogni alunno bocciato o definito ‘somaro’ è un alunno che probabilmente a 16 anni sparirà nel buco nero della dispersione scolastica, ed è questo il vero ‘scandalo’. Quasi il 20% degli studenti sedicenni, in obbligo di istruzione, abbandona anticipatamente il sistema formativo. Un quarto degli studenti non consegue un titolo di istruzione di secondaria superiore, in altre parole solo il 75% degli studenti consegue  un diploma o una qualifica contro una media dell’88% della Francia e del 90% della Germania. Serve un biennio unitario (e non 'unico') e un triennio di Indirizzo per permettere agli studenti di compiere scelte mature e consapevoli, con materie comuni tra gli indirizzi e opzioni individuali.
Dobbiamo, sì potenziare la formazione tecnica e professionale, ma non per gettarci dentro tutti coloro che a sedici anni riteniamo indegni di un liceo [!]. Vogliamo, e impegneremo risorse per questo, che gli istituti Tecnici e Professionali abbiano la qualità, gli standard tecnologici e lo status sociale di un qualsiasi liceo. 18 regioni su 20 hanno scelto modelli integrati di formazione e istruzione professionale, in cui i ragazzi e le ragazze, anche se iniziano con la formazione professionale, possono scegliere anche di rientrare nel percorso dell’istruzione. L’importante è che escano tutti con una qualifica e che, attraverso esperienze di alternanza scuola/lavoro, trovino la strada per la propria vita.

7.    Aggiornamento. L’aggiornamento degli insegnanti, elemento indispensabile per la crescita professionale, sarà finalmente basato sullo scambio sistematico di esperienze tra chi opera sul campo oppure soltanto sul contributo di esperti (che poi non sempre si rivelano tali)?

L'aggiornamento degli insegnanti deve essere fatto attraverso lo scambio di buone prassi, attraverso la conoscenza e messa in pratica di altre esperienze. Questo è per noi un aspetto fondamentale della formazione in servizio e ci impegneremo affinché tali scambi non sia demandati alla buona volontà di qualche docente, ma diventino sistema solido e periodico di aggiornamento e confronto fra scuole.

8.    Educare i ragazzi alle regole. Nei programmi dei partiti si dirà con chiarezza che insegnare ed esigere il rispetto delle regole è indispensabile per un proficuo lavoro scolastico e per la formazione dei futuri cittadini oppure si continuerà a sottovalutare questa fondamentale esigenza?

“L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (Paolo VI). Diciamo che i nostri ragazzi purtroppo non hanno ricevuto fulgidi esempi nella vita pubblica di rispetto delle regole. Uno degli impegni che il Partito Democratico assume è il rispetto dell’art.54 della Costituzione che “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. La scuola è il primo luogo dove si deve “educare alla legalità” e al rispetto delle regole.

9.    Uso e abuso dei test. Dei test Invalsi che valutano l’apprendimento si pensa di fare un uso limitato all’accertamento delle competenze di base o di estenderne impropriamente l’uso, con il concreto rischio di  trasformare la didattica  in un addestramento alla soluzione dei test?

Credo che i test Invalsi debbano essere a campione e non far parte delle prove di esame di terza media, perché davvero rischiamo che a scuola  si finisca per studiare come riuscire a superare i test?

10.    Il ministro. Si potrà avere un ministro che conosca veramente i problemi della scuola, che si metta al suo servizio e attui un programma di concreti provvedimenti per renderla più seria, efficace e dotata di strutture adeguate?

Se i cittadini e le cittadine affideranno al PD il governo del Paese, il ministro, chiunque sia, non solo sarà al servizio del mondo della scuola, ma si troverà intorno un governo che, a differenza di quello Berlusconi prima e Monti poi, avrà la massima considerazione per il sistema nazionale di istruzione, smettendo finalmente di considerare la scuola un luogo arrendevole dove praticare tagli e risparmi senza che dal Miur si levasse la più flebile voce di protesta. Vogliamo un Ministro che sappia dare valore all’autonomia scolastica e che sappia ascoltare, lavorando con le scuole, per raggiungere in 7 anni l’obiettivo di dimezzare la dispersione scolastica, alzando i livelli di istruzione della popolazione italiana.
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