Il processo alle intenzioni è diventato oramai prassi
corrente. Decontestualizzando qualsiasi
episodio dalla realtà effettuale in cui è avvenuto, si torna sempre alle
proprie granitiche convinzioni, quelle del proprio catechismo culturale e del proprio
pedagogismo astorico e astratto. Il problema, purtroppo, è ampiamente diffuso e
ha radici talmente radicate in una certa mentalità falsamente progressista, che
difficilmente si potrà affrontare qualsiasi serio problema di questo paese.
Bisogna invece partire, innanzitutto,
dal rispetto delle persone (tutte) e dall’accertata realtà dei fatti e delle
cose a cui ci si riferisce. Rossi Doria, invece, non ha neanche provato a
prendere in esame l’eventuale buonafede, le sofferenze, i dubbi, le riflessioni
che hanno accompagnato le maestre in
questa loro difficile e tormentata scelta, finalizzata, come dicono
ancora oggi tante brave “tradizionali” maestre, al bene dei ragazzi.
Infine mi piacerebbe che i buoni ministeriali, invece di infangare
la dignità di quattro o cinque persone di scuola, che alla fine hanno fatto
quanto compete loro per legge, ci dicessero cosa intendono fare per risolvere
il problema di quei docenti e dirigenti che
non fanno almeno decentemente il loro lavoro, spesso nella più totale
indifferenza delle autorità scolastiche amanti del quieto vivere. Quando poi tali autorità onorano il proprio ruolo, vengono ostacolate da norme ipergarantiste e dalla
tortuosità delle procedure. Così si penalizzano di più proprio gli studenti più
svantaggiati, che non avranno mai la possibilità di colmare le conoscenze loro
negate dalla scuola, a differenza degli studenti benestanti che lo potranno fare
anche all’interno della loro stessa famiglia.
Come dimostra il caso di Pontremoli, spesso a pagare –
magari vedendosi infliggere la gogna mediatica per una decisione sofferta -
sono proprio coloro che non rinunciano all’avere a cuore il proprio lavoro, la
propria missione e l’interesse per il futuro dei loro studenti. Nel frattempo i
furbi neghittosi continueranno a farla franca col placet dei buoni ministeriali e dei sindacati loro amici. C’è quasi da scommettere che questo episodio farà ulteriormente riflettere
le docenti che in futuro si troveranno a dover scegliere fra il proprio dovere
(a rischio di finire stritolate sotto la macchina ministeriale) e il più
italico quieto vivere. (VV)
PS: Un’altra volta mi occuperò di quei docenti bravi e motivati che, a differenza dei loro colleghi inetti e neghittosi ma generosi nei voti, incontrano l’ostilità dei genitori, degli studenti, dei loro colleghi ed infine dei loro dirigenti perché ritenuti troppo severi.