In un intervento sulle pagine romane del "Corriere della Sera",
Rosario Salamone, per molti anni preside del Liceo Visconti, ironizza sulla
pioggia di 100 e lode che anche quest’anno si è verificata in Puglia agli esami
di Maturità: ben 700 su un totale di 3450 in tutta Italia, cioè uno su cinque. Salta
agli occhi, scrive fra l’altro il Preside Salamone, il contrasto tra una simile concentrazione di teste d’uovo e i
risultati assai mediocri dei test Invalsi relativi alle scuole superiori di quella regione.
Di tutt’altro tenore un articolo sulla Gazzetta del
Mezzogiorno a firma di Lino Patruno, che è solo omonimo del musicista
co-fondatore del gruppo dei Gufi, ma un po’ fa sorridere nell’attribuire esclusivamente
al pregiudizio nordista la critica all’attendibilità del dato pugliese, su cui
mi pare difficile non avere qualche dubbio.
Ma per venire un po’ incontro a Patruno si deve rilevare che, se
tra i dati forniti dal Miur si prendono
in considerazione non i numeri assoluti delle lodi, ma, forse più
correttamente, le percentuali delle lodi sul numero degli studenti esaminati
regione per regione, ai piani alti della classifica non c’è solo il sud. La
Puglia è nettamente in testa con il 2%, ma al secondo posto c’è l’Umbria con
l’1,5%, poi il Molise con l’1,3%, la Calabria e le Marche con l’1,2%, la
Sicilia e l’Emilia Romagna con lo 0,9% e
via via decrescendo verso nord fino allo
0,3% della Lombardia.
Se si considera la distribuzione dei 100 senza lode, si hanno
dei dati sostanzialmente simili, ma in questo caso la Puglia è solo seconda con
il 6,6%, preceduta dalla Calabria con il
7,3%; al terzo posto l’Umbria con il 6,1%, mentre anche qui la più avara è la
Lombardia con il 2,5%.
Salamone nel suo articolo indica tra le cause di questa vera
e propria “disgregazione del sistema valutativo, la sua arbitrarietà e
inattendibilità” la nomina a livello locale e non più nazionale delle commissioni (io aggiungerei la
composizione mista di interni ed esterni), con maturandi e commissari che
“giocano in casa”. Si tratta certamente di un aspetto importante, che è però
parte di un complessivo processo di svalutazione dell’Esame di Stato,
previsto dalla Costituzione come fondamentale
momento di verifica e oggi poco più di un momento rituale.
Il punto è che sembra essersi quasi del tutto smarrita la
consapevolezza che la credibilità degli
Esami di Stato (e più in generale della scuola pubblica) è parte integrante di
un bene comune a cui non è possibile rinunciare
senza gravi danni per la società e per
gli stessi giovani come futuri cittadini.
I lettori di questo blog ricorderanno i nostri appelli per la
correttezza degli esami e le numerosissime testimonianze su comportamenti
censurabili, a volte gravemente scorretti, che però appaiono persino doverosi e
moralmente ineccepibili a quei docenti
commissari d’esame che più o meno consapevolmente hanno messo da parte la
tutela dell’interesse generale a favore
di male intesi interessi particolari. E
ricorderanno anche come i ministri di turno hanno risposto a quegli appelli: con
l’indifferenza, qualcuno persino con arroganza (è il caso di Profumo); eppure dovrebbero essere ben consapevoli di quale sia l'interesse generale.
Il problema dunque è della scuola italiana nel suo insieme,
anche se, tornando ai dati del Ministero, mi sembra difficile in linea di
massima non attribuire alla malintesa generosità di cui sopra le percentuali
più elevate di 100 e lode, e in generale di punteggi molto alti, a meno di non
concludere che gli studenti lombardi sono sei o sette volte più testoni dei
loro colleghi pugliesi.
Andrea Ragazzini