martedì 11 settembre 2012

FECE SCRIVERE CENTO VOLTE AL BULLO “SONO UN DEFICIENTE”. LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA

“Si doveva fare qualcosa. Non si poteva stare a guardare o fare finta di niente. Tra il giusto e ciò che è necessario per i ragazzi, tra ciò che è legale o “leguleio”, e ciò che è importante per gli alunni, ho scelto la seconda via… Mi sono presa una responsabilità, ho fatto una scelta”. Così si esprime, ricordando quel provvedimento estemporaneo, la professoressa Giusi Valido, in una dignitosa e pacata intervista al “Giornale di Sicilia”. La Cassazione ha confermato la sentenza di appello, riducendo anzi la condanna a 15 giorni (il massimo è sei anni). Nel 2007 il giudice di primo grado, invece, l’aveva assolta, sostenendo che «non è ravvisabile nella condotta della professoressa alcun motivo di rancore, vessazione, umiliazione, sopraffazione, ma solo l’esigenza di fornire una risposta educativa rispetto ad un episodio pericoloso per l’evoluzione dei comportamenti del ragazzo e di tutta la classe». Ma la Suprema Corte, come i giudici di secondo grado, sostiene che provvedimenti di questo genere “finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali [sic] (scolastici o sociali) sono decisi dai rapporti di forza o di potere” e che l’allievo fu “mortificato nella dignità”.
Come abbiamo avuto modo di ricordare anche nel febbraio dell’anno scorso commentando la decisione della Corte d’Appello, alla vigilia della prima sentenza promuovemmo, con l’Associazione radicale “ Andrea Tamburi”, una sottoscrizione di solidarietà a favore della docente (a cui la faccenda è costata molte migliaia di euro di spese nel corso di sei anni), che avrebbe in poco tempo superato i 3500 euro. La valutazione che esprimemmo allora nel comunicato con cui la lanciammo ci sembra ancora del tutto adeguata, nonostante gli indubbi progressi normativi, alla situazione in cui sono costretti a lavorare moltissimi insegnanti italiani:
“L'episodio dell'insegnante palermitana denunciata per abuso di correzione, che rischia due mesi di galera e un pesante risarcimento danni, la dice lunga su come vanno le cose nella scuola italiana. Certo, avrebbe potuto far scrivere all'allievo "Mi sono comportato da deficiente" anziché "Sono un deficiente". Ma perché dopo sette note sul registro l'alunno non era ancora stato sospeso? Non è forse doveroso tutelare il diritto di apprendere e di insegnare in un clima sereno, all’occorrenza anche con una sanzione educativa? Da molti anni, invece, gli insegnanti sono stati lasciati colpevolmente soli alle prese con il problema della condotta, che non di rado rende quasi impossibile il lavoro in classe. In questa solitudine la docente palermitana ha ritenuto necessario assumersi la responsabilità e l’onere – che sarebbe non solo della scuola italiana, ma dell'intera collettività – di difendere l'aggredito e punire l'aggressore”.
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L’articolo del “Corriere della Sera del 13 giugno 2007.
L’articolo sulla “Stampa” di oggi.
Il commento di Cristiano Gatti sul “Giornale”