Questo avrebbe però a mio parere conseguenze mortificanti per una buona parte della categoria, cioè proprio per tutti i bravi e seri colleghi, che magari sono di poco inferiori nell'apprezzamento di famiglie e studenti. Inoltre qui non si parla affatto di sanzionare il demerito professionale, riprendendo più o meno consapevolmente la logica del concorso berlingueriano di anni fa e cioè di premiare i buoni (?) insegnanti e di lasciare al loro posto quelli cattivi.
In altre parole, fare ogni anno la graduatoria dei docenti più bravi, assegnando la palma al migliore, pur con criteri oggettivi nella selezione, non creerebbe una virtuosa competizione ed emulazione tra i colleghi, anzi sarebbe un'ulteriore fonte di divisione e di reciproche invidie tra chi vede da un lato premiare uno o più colleghi, magari di pochissimo più apprezzati di lui, dall'altro il collega assenteista e/o incapace che continua a essere trattato come chi fa il proprio dovere. Nota a questo proposito Giorgio Allulli in un approfondito intervento in tema di valutazione sul numero 3 di “Scuola Democratica”, che molti sostengono che “la sollecitazione di una competizione tra i docenti compromette la cooperazione all’interno della scuola, che invece rappresenta un valore ed una dimensione fondamentale di un efficace insegnamento”.
Last but not least: premiare ogni anno pochi insegnanti di fatto significherebbe rimandare alle calende greche la questione del riconoscimento economico di una categoria professionale, che da anni ha un livello retributivo da paese del terzo mondo, come tutti riconoscono. Lo fa anche lo stesso Ichino, trovando però una soluzione, che sa di ennesima beffa alla maggior parte degli insegnanti italiani.
Critico anche Giorgio Israel sul “Messaggero”, ma da un punto di vista diverso: a chi tocca valutare gli insegnanti? “Non si vuol prendere atto che l’unico sistema valido è quello delle ispezioni, concepito come un processo interattivo all’interno del sistema capace di attivare il fine autentico della valutazione, ovvero un processo di crescita culturale”. Non parliamo poi del criterio di cui si parla per individuare le buone scuole: il minor numero di bocciati: “In questo caso, basterà promuovere tutti per diventare «eccellenti»”. (SC)