Con poche idee, con poco interesse per il futuro e senza alcuna intenzione di dare il buon esempio, il ceto politico (senza trascurare le responsabilità sindacali) da anni esprime una "politica" volta a garantire innanzitutto la propria sopravvivenza. Rispetto alle famiglie, mentre la Francia dispiegava politiche di sostegno alle nascite di notevole efficacia, da noi, come sappiamo, si è fatto ben poco, a cominciare dalla scarsa diffusione degli asili nido e delle scuole materne statali (forse perché queste avrebbero insidiato il quasi-monopolio di quelle private?). E se la scuola non funziona, anziché prendersi le proprie responsabilità, ministri e partiti hanno volentieri dato la colpa ai docenti, in quanto attardati su metodologie e mentalità superate, e periodicamente condotto vere e proprie campagne di "rieducazione" didattica, con la connivenza della maggioranza dei sindacati che dovrebbero in teroria rappresentarli e difenderli.
Ma se si tratta di intercettare il consenso delle famiglie con prese di posizione demagogiche, ecco che, senza un minimo di approfondimento o di confronto con gli addetti ai lavori, anche un ministro “tecnico” non esita a schierarsi a favore di chi vuol essere innanzitutto alleggerito dal peso di doversi occupare dei compiti scolastici (pensate un po') dei propri figli. Innanzitutto accontentare, laddove ciò non costa assolutamente nulla, sembra un vizio evidentemente destinato a persistere in chi si occupa di scelte di carattere educativo e formativo. Questa, purtroppo, appare la strada imboccata anche dal nuovo ministro, a cui consigliamo di guardare al mondo della scuola e alla professionalità dei docenti con molta maggiore attenzione e soprattutto ci permettiamo d’invitarlo a occuparsi dei problemi veri e non rinviabili della scuola, anziché di certe temi più degni di un rotocalco da sala d’aspetto.
Valerio Vagnoli