I protagonisti delle cronache di questi giorni hanno trasmesso a me che leggevo impressioni molto nette: da un lato la pacata fermezza e la sobrietà nelle dichiarazioni del dirigente, che parlava di una decisione sofferta ma ponderata e professionalmente motivata; dall’altra la visceralità delle reazioni provenienti dal mondo politico-istituzionale e dalle associazioni dei genitori, basate solo sul pregiudizio e su un rifiuto ideologico della ripetenza, come quella di Francesca Puglisi, responsabile scuola del Partito Democratico (vedi nota del 12 giugno scorso su questo blog).
Purtroppo quella della Puglisi non è stata l'unica esternazione " a prescindere", pervenuta dal mondo politico. Anche a livello locale e regionale non sono mancate vere e proprie invettive contro "l'insensibilità" delle maestre di Pontremoli, la cui dignità professionale è stata difesa solo dal loro dirigente scolastico e non, per esempio, da un qualsiasi accidente di sindacato, la cui esistenza sembra sempre più legata alla difesa dei propri interessi corporativi. A questo proposito è bene raccogliere le domande che il bell'articolo di Paolo Ermini, direttore del "Corriere Fiorentino", si pone a proposito di quello che potrebbe accadere col passaggio delle scuole alla responsabilità gestionale delle regioni, che almeno in Toscana può far temere intrusioni e condizionamenti da parte del governo regionale. Due gli indizi citati da Ermini:
“L’assessore regionale all’istruzione della Toscana, Stella Targetti, ha salutato la svolta con queste parole: «Si dà finalmente alle Regioni la possibilità di dare finalmente all’autonomia non solo le gambe, ma anche la testa». La testa di chi, però?”.
Il secondo elemento poco rassicurante per la libertà di insegnamento è proprio l’atteggiamento dell’assessore e vicepresidente a proposito dei bambini bocciati. All'indomani della decisione di far ripetere gli scrutini, così si esprimeva: “La decisione dell’Ufficio scolastico regionale ha il pregio di introdurre un elemento di ragionevolezza in una vicenda che ha prodotto ferite sotto vari aspetti, colpendo in particolare gli esseri per definizione più deboli: i bambini”.
Ermini così commenta questa presa di posizione: “Le inopportune intrusioni dall’esterno (per motivi puramente ideologici, e nella totale ignoranza dei fatti) nella vicenda dei ragazzi bocciati in prima elementare a Pontremoli non sono un bel segnale”.
Naturalmente l’inopportunità di far ripetere la prima può essere sostenuta (anche se l’incapacità di scrivere sotto dettatura una frase minima non è cosa da trascurare); ma che lo si faccia con argomenti seri e razionali, non in preda ad attacchi di mammismo aggressivo che vorrebbero far passare la scuola toscana come un nido di sadici irresponsabili. Come se nella realtà, e in modo particolare nella scuola primaria, queste decisioni non venissero sempre attentamente valutate anche sul piano della comunicazione, del rapporto affettivo con i bambini e della loro futura collocazione nel contesto più opportuno.
Naturalmente l’inopportunità di far ripetere la prima può essere sostenuta (anche se l’incapacità di scrivere sotto dettatura una frase minima non è cosa da trascurare); ma che lo si faccia con argomenti seri e razionali, non in preda ad attacchi di mammismo aggressivo che vorrebbero far passare la scuola toscana come un nido di sadici irresponsabili. Come se nella realtà, e in modo particolare nella scuola primaria, queste decisioni non venissero sempre attentamente valutate anche sul piano della comunicazione, del rapporto affettivo con i bambini e della loro futura collocazione nel contesto più opportuno.
Per il momento gli insegnanti su questo spesso hanno ancora l’ultima parola; ma non è escluso che in futuro si trovi il modo di togliergliela, in modo da lasciare piena libertà di promuovere (ricordate problemi per un’ingiusta ammissione?), limitando però ancora di più quella di bocciare, già minacciata dal grandinare dei ricorsi.
Le contestazioni dell’amministrazione e dei tribunali amministrativi si muovono sempre sul terreno procedural-cartaceo: insufficienti motivazioni, mancanza di una griglia … Ne viene fuori un’ideale di decisione come meccanica derivazione da dettagliatissimi dati oggettivi, quasi si volesse bandire dall’equipaggiamento professionale dei docenti la sensibilità affinata dall’esperienza su quello che è bene per un alunno. Intanto apprezziamo la lezione di stile della scuola di Pontremoli, anche se il comitato dei genitori parla di “clamoroso accanimento” e dal ministero – che “Repubblica” definisce “infuriato” – anonimamente si fa sapere che quella del preside è “una battaglia personale”. (GR)
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