Sul “Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia è tornato ieri sul problema del merito a proposito della fuga dei cervelli dal nostro Paese. Come molti sanno, Della Loggia è stato uno dei firmatari del nostro appello a favore del merito e della responsabilità, un tema che gli è caro e che torna più volte nei suoi articoli. Su quello che scrive oggi, ritengo opportuno esprimere un paio di riflessioni. Innanzitutto ricordare che da tempo immemorabile le “eccellenze” abbandonano il nostro Paese perché molte di quelle cause che per Galli della Loggia sono oggi alla base di tale fughe, sono purtroppo ben radicate nella nostra storia e nella nostra antropologia culturale: familismo amorale e “rispetto” per le posizioni consolidate, in attesa del proprio turno.
A rendere ancora più drammatica la situazione rispetto al passato, si può dire che oggi hanno iniziato a fuggire, oltre ai geni e alle eccellenze, anche i bravi. Segno evidente che, malgrado il precipitare della crisi (nel senso più ampio del termine) il nostro sistema d’istruzione, e fa bene Della Loggia a evidenziarlo, “...pur con i centomila difetti che sappiamo”, è “ancora capace di produrre una formazione di eccellenza”.
Rimane il dominio della gerontocrazia, sia nei consigli di amministrazione che nel mondo politico. Poiché i giovani e i ragazzi in generale acquisiscono la loro formazione anche dagli esempi, sarebbe opportuno che qualcuno di quelli che contano, cominciasse a darglieli. Sarebbe veramente un bel segnale vedere i politici tornare al loro lavoro di provenienza, se mai vi è stato, dopo un’esperienza politica non più infinita, come spesso accade, ma giustamente limitata nel tempo. Oppure, sarebbe altrettanto auspicabile che i politici
non più eletti, anziché andare ad occupare poltrone in municipalizzate e
dintorni, si rimettessero in gioco seguendo le regole di coloro, la stragrande maggioranza dei cittadini, che non possono contare su alcun tipo di privilegi. Allo stesso modo sarebbe un bel segnale l’abolizione degli albi professionali o la riforma dei centri per l’occupazione che possa renderli più trasparenti, davvero “pubblici” ed in grado di gestire i curricula di chi cerca occupazione. Ed infine, senza timore di essere tacciato di facile moralismo, credo sia necessario che i nostri discorsi tornino ad occuparsi dell’onesto e retto “ conversar cittadino” se non vogliamo rischiare il precipizio morale.
Solo chi lavora con i giovani riesce a percepire la drammaticità del loro silenzio che può tuttavia diventare in ogni momento esplosivo. Questo, solo questo, mi sentirei di aggiungere all’interessante analisi di Galli della Loggia.
Valerio Vagnoli